https//LA PRIMA GUERRA MONDIALE
mercoledì 19 novembre 2014
martedì 11 novembre 2014
Per decenza
“Cosi non può andare”, perché i dati
sono impressionanti. Quando ho visto la Finanziaria ho detto: pregate che non
nevichi. Ho visto le tabelle che riguardano le province e ci sono situazioni
anche peggiori. Qui bisogna capire se abbiamo voluto abolire le province o gli
spartineve? Ma questo è il frutto avvelenato di una malattia: l’ideologia. E di una bolla demagogica micidiale che
su questo tema, invece di essere preso dall’alto doveva essere preso nello
specifico e in prospettiva di area vasta. In questo modo abbiamo solo
sbaraccato e detto ai sindaci: pensateci voi. Ora non resta che prendere tempo,
trovare i soldi, perché non vedo altra soluzione. Non sono comunque disposto ad
accettarlo. Bisogna reagire.
Quando arriverò a Roma tirerò qualche accidente”.
Chi lancia questo grido di dolore per le
province italiane, prima abolite a parole, poi svuotate di qualsiasi elemento
di sovranità popolare e infine, con la legge di stabilità, private dei fondi necessari
per assolvere alle loro funzioni principali? E’ forse Beppe Grillo? Qualche
pentastellato? Un oppositore del governo Renzi? Qualche intellettuale fuori
controllo?
No, lettori, è l’ex segretario del
PD Pierluigi Bersani in un incontro, tenutosi in questi giorni, tra i sindaci e
i parlamentari della provincia di Piacenza.
Nessun
rimpianto per la democrazia calpestata, molti per i soldi decurtati da non
poter spendere in servizi foraggiando clientele.
Dal governo Monti, sostenuto dal
PD e dal suo segretario di allora Pierluigi Bersani, in poi tutte le riforme impopolari sembrano non
avere più una maggioranza che le ha proposte e approvate in parlamento,
sembrano essere figlie di nessuno o degli altri, gli avversari politici. E
invece i numeri e gli atti parlamentari parlano chiaro e non ci si può sfilare
dalle proprie responsabilità e dai propri atti senza cadere nella vera malattia
politica: l’opportunismo, l’essere filogovernativi a Roma e oppositori in
provincia, progressisti nelle piazze e conservatori al governo, per il popolo
nei cortei e per il grande capitale nelle stanze damascate del potere.
All’ex segretario on. Bersani
chiediamo, allora: come ha votato quando in parlamento si è approvato la riforma
del collega e compagno di partito Graziano
Delrio?, come hanno votato i 100 parlamentari scelti da lui medesimo per
garantirgli una “tranquillità” parlamentare e governativa in caso di vittoria
del PD alle elezioni ultime?, come ha votato la sinistra PD?
O crede
l’on. Bersani che il popolo sia veramente bue, disposto a credere qualsiasi
“verità” che gli venga sventolata?
Eppure
le elezioni passate avrebbero dovuto insegnare qualcosa: una grandissima parte
dei cittadini non ha ritenuto credibile la sua opposizione, non ha ritenuto
diversa la gestione delle amministrazioni PD rispetto a quelle PDL, non lo ha ritenuto capace di
avviare quei cambiamenti veri di cui l’Italia necessita. Una vittoria
risicatissima, dello 0,5%, non può far dimenticare questa realtà.
La non
credibilità, passata e presente, del PD è da collegarsi proprio a questi comportamenti
contraddittori che lo hanno segnato sin dalla nascita e che hanno allontanato
centinaia di migliaia di iscritti e di elettori al di là delle cifre
pubblicitarie spacciate come sondaggi : idealità e spregiudicatezza, progettualità e tessere, competenze e fazioni, novità e coaptazione.
Oggi l’unico collante che tiene in vita questo aggregato eterogeneo e
conflittuale (Bersani docet) è il potere; perderlo significa dissolversi,
rinunciarvi, per far chiarezza al proprio interno e magari continuare ad
esistere, è fuori da ogni prospettiva immediata.
Oggi ai
cittadini, alle persone libere e responsabili di questa nazione spetta il compito arduo di
dare una nuova prospettiva storica, politica e culturale all’Italia. I
responsabili del disastro non possono essere i salvatori, così come vogliono
accreditarsi, la malattia non può essere la cura e il potere, con buona pace
di Giulio Andreotti, sta logorando chi
ce l’ha.
Angelo
Mancini
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