sabato 24 aprile 2010

Legittima difesa

Miscellanea 2010 128

Ho letto con attenzione e interesse la lettera aperta che Giuseppe Falato ha scritto al circolo Pd di Guardia Sanframondi: una disamina approfondita delle dinamiche interne del partito e una ricostruzione puntigliosa ed efficace della vicenda grottesca e surreale, la sospensione dal partito e la successiva revoca di tale provvedimento, che lo ha visto coinvolto insieme a Raffaele Garofano e Giovanni De Blasio. A loro va tutta la mia solidarietà, personale e politica, e questo mio scritto vuole solo aggiungere qualche notarella a quanto già efficacemente e lucidamente esposto nella sopracitata lettera.

Innanzitutto penso che delle volte, e questa di Giuseppe Falato è una di quelle, esporre pubblicamente e verbalmente il proprio pensiero non sia altro che una forma di legittima autodifesa contro un certo modo di intendere i rapporti (di forza) all'interno del Pd guardiese: alla democrazia della discussione si è sostituito la dittatura del numero; alla persona, alle sue idee, alle sue ragioni, alla sua dignità di uomo si è sostituito la meccanica e interessata alzata del braccio. Non si è voluto concepire un partito come una somma di tanti “io”, ma solo come una particella del proprio “me”.  Ora che la quantità è ampiamente assicurata aspettiamo in fiduciosa attesa anche la tanto pubblicizzata qualità. Ora che le due ruote, quella partitica e quella amministrativa sono saldamente nell’esclusive mani dell’uomo solo al comando ci aspettiamo un’efficace pedalata, uno scatto in avanti, e che la risalita sia certa. La speranza, si dice, è la madre degli stupidi, ma è anche l’amante dei coraggiosi.

Alla reiterata richiesta delle ragioni politiche che hanno prodotto il decreto di sospensione e la sua revoca si risponderà, temo, con la solita, assordante afasia per la semplice ragione che tali atti non sono scaturiti da incompatibilità ideologiche, politiche e statutarie, ma solo da strategie volte ad assicurarsi il totale controllo del partito in vista della campagna elettorale. Una volta raggiunto il fine ,la vittoria amministrativa, tale mezzo strategico non ha più alcuna ragion d'essere e per questo viene revocato. Non è un atto di “magnanimità” o di ” benevolenza” o il tentativo di voler ricomporre una situazione politicamente spiacevole: è solo indifferenza e calcolo. Indifferenza perché la minoranza, non solo è marginale, ma ora non ha alcuna possibilità di incidere nella gestione del partito e della cosa pubblica: se rimane ne accetta i consolidati rapporti di forza, se va via terminano i “fastidi”. Se resta potrà parlare criticamente come e quanto vuole senza incorrere più nelle ire del "partito", anzi i suoi mugugni saranno il vero e attendibile termometro del potere detenuto. La critica darà, inoltre, al Pd locale le sembianze di un vero partito formato da una maggioranza “che amministra” e da una minoranza “strepitante”, camuffando la realtà di circolo chiuso che i fatti e gli ultimi avvenimenti inequivocabilmente attestano.

Nessun dubbio, però, per quando fondato, deve sfociare in pregiudizio e in preclusione acritica. Lasciamo a questa amministrazione, e al suo riferimento aggregativo, l’onere della prova e il tempo necessario a mettere in essere quanto dichiarato nel programmi e nelle piazze e all’opposizione il ruolo istituzionale di vigilanza e di proposta che doverosamente gli compete: il tempo, se è galantuomo, lo sarà per tutti.

Angelo Mancini

Nessun commento:

Posta un commento