La vicenda
della revoca delle deleghe all’assessore provinciale Carlo Falato trascende la
persona in questione e diventa emblematica del tasso di antidemocraticità del
meccanismo elettorale in vigore nella nostra provincia e nella nostra regione.
Il meccanismo perverso dell’assessorato esterno è doppiamente antidemocratico:
non tiene conto della volontà popolare in quanto, o obbliga alle dimissioni il
consigliere provinciale regolarmente eletto o viene nominato, come nel caso
della regione Campania, un qualcuno espressione più di gruppi particolari che
della volontà democratica ; espone l’assessore agli ”umori”,
alle “paturnie”, alle “grazie”
alle “benevolenze” del presidente
senza nessun contrappeso democratico.
La
democrazia ha bisogno di assunzioni chiare di responsabilità, di autorevolezza e
non di autoritarismo e la “governabilità” non può essere mai motivo sufficiente
per escludere il confronto dialettico ,
di tener conto delle segreterie partitiche e non della volontà dei cittadini.
Di fatto
questo sistema ha consentito a consorterie politiche-affaristiche di impadronirsi
del governo cittadino, provinciale, regionale, rendendo un rituale inutile
l’esercizio democratico del voto, e il gruppo dirigente del partito democratico
intende adottarlo anche a livello nazionale in caso di una sua vittoria alle
prossime elezioni politiche. I nostri futuri parlamentari si troveranno, con
molta probabilità, nella condizione di
dover solo schiacciare il bottone “giusto”, secondo le direttive partitiche;
la gestione del potere sarà competenza d’altri. Chi vuole esercitare la libertà
di pensiero e di coscienza sarà emarginato così come l’assessore Falato ed altri prima di lui. Il Porcellum farà poi il
resto nelle successive elezioni.
“La
sovranità appartiene al popolo”, recita la costituzione, che la esercita
attraverso i suoi rappresentanti regolarmente eletti: questo principio
fondamentale oggi va difeso con tutte le nostre forze e con il voto da coloro
che intendono svuotarlo di ogni significato reale e democratico.
Non sarebbe
un vanto per la nostra Italia e per la nostra democrazia se il “modello
bulgaro” fosse soppiantato dal “modello italiano”.
Angelo Mancini
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