Lo scenario complessivo che avvolge Guardia da ormai troppo tempo è semplicemente avvilente.
Fatta eccezione per qualche aspetto marginale, non c'è capitolo della vita economica, culturale, sociale in questa comunità che non lasci nell'animo dei cittadini profonda delusione, amarezza e molto spesso vergogna.
Qualsiasi cittadino che abbia un minimo di spirito critico e dignità deve ormai, giorno dopo giorno, fare la conta delle molteplici manifestazioni di un degrado che ha un'unica profonda pericolosa radice: la rassegnazione dei più e la malafede dei pochi.
Di solito quando, con grande modestia, sento il bisogno di scrivere qualcosa per rivolgermi ai miei concittadini non uso mai toni duri, perché sono sempre dell'avviso che la diplomazia delle parole, al posto dei veleni inutili, dovrebbe far riflettere le persone intelligenti e dare loro modo e occasione per correggere il proprio operato.
Oggi però la rabbia è troppa, e non parlo solo della mia rabbia, ma anche di quella di tante persone oneste, giovani e meno giovani, orgogliose e non rassegnate che ho il piacere di conoscere, in tutti gli ambiti della nostra cittadina.
Non si può più lasciare che, in una stupida ed in parte vigliacca, studiata indifferenza, tutto scorra senza la minima perturbabilità, nel degrado e nello squallore crescenti.
Guardia, giorno dopo giorno, sta cambiando volto, costume, struttura sociale ed economica, e tutto in direzione negativa, ovviamente.
Chi ha ancora la forza e la orgogliosa caparbietà di rimanere nel suo paese d'origine, deve scontrarsi ogni giorno di più con la preoccupazione, anzi la paura, che tutto ciò che di materiale e di morale ha costruito nel tempo con sacrificio, vada sfaldandosi e perdendo valore sempre più.
Guardia ormai non può godere più neppure della proverbiale "serenità di paese", perché non ci sono più gli estremi neppure per quella.
Sempre più spesso si assiste a fenomeni subdoli di microcriminalità, embrionali, poco chiari nel loro germe intenzionale, e per questo maggiormente preoccupanti e da tenere sott'occhio.
Ma non sembra esserci la minima vigilanza, né da parte delle istituzioni ma soprattutto da parte dei cittadini, che sembrano sempre più assuefatti al clima di degrado.
Se questi fenomeni sono causati da entità locali o esterne non mi è dato saperlo. Di certo in entrambi i casi il problema va affrontato con misure di prevenzione, integrazione, sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
Ci tocca sentire di associazioni culturali giovanili ( gruppo Scout " La Salle ", ad esempio ) che rischiano di scomparire, per lasciar posto a ciurme di ragazzi vaganti per strada la sera, senza mèta, senza una motivazione forte che li leghi in uno spazio di discussione e di crescita.
Inutile nasconderlo, il consumo di alcool e droga tra i giovani è in costante aumento e le conseguenze sullo stile di vita delle nuove generazioni è più che evidente: le fasce giovanili guardiesi rischiano di diventare vittime di fenomeni negativi di influenza e di plagio comportamentale da parte di pochi soggetti che fanno cattiva scuola e che sempre più sembrano assumere le sembianze di pericolosi punti di riferimento.
L'economia perde sempre più terreno, per una serie di logiche politiche ( e spesso aziendali ) volutamente sbagliate. Gli agricoltori guardiesi rischiano di lavorare gratis per tutto l'anno se le cose non cambieranno.
La rete commerciale, salve poche eccezioni, tira avanti nel peggiore dei modi, senza la minima pianificazione né territoriale né strategica ( anche a causa del mancato rinnovamento e riassetto democratico delle strutture associative di categoria, fondamentali per un adeguato ridisegno della macchina commerciale e per il dialogo progettuale con la pubblica amministrazione ).
I servizi essenziali ( sanità locale in primis ) sono, a quanto pare, seriamente minacciati da diversi fattori, causali e "casuali".
Il mercato immobiliare è in totale recessione, conseguenza diretta della decrescente qualità della vita locale, da cui deriva ulteriormente un degrado urbanistico dovuto all'abbandono e all'incuria delle vecchie e nuove abitazioni.
Questo è lo scenario sotto gli occhi di tutti noi.
A questo punto il grido di dolore penso sia inevitabile anche da parte dei più ottimisti. Non è più ora di fingersi distratti, di delegare, di "rimanere buoni per convenienza", perché prima o poi ( anzi ci siamo! ) i nodi vengono al pettine, per tutti.
C'è bisogno che ognuno interpreti "seriamente" il proprio ruolo: gli amministratori dovrebbero sentire il dovere di tirare fuori le loro qualità, il loro senso del dovere verso chi, con fiducia, li ha eletti. I cittadini comincino a fare " i cittadini/utenti ", pretendano risposte dovute dalle tasse che pagano con sacrificio, svegli e vigili verso ogni sintomo negativo, ogni perdurante disservizio, con il rispettivo dovere di seguire le regole, o meglio, di dettarne di migliori, ove possibile, con attiva partecipazione.
Guardia deve abbandonare l'idea di prendere come termine di paragone solo "se stessa": bisogna guardare la realtà con occhi nuovi, progettuali, operando scelte che mirino in avanti, in direzione positiva, confrontandosi con l'esterno migliore, non con le realtà peggiori, pensando che, tutto sommato "da noi non è così".
Un'ultima esortazione va ai partiti politici, di ogni schieramento: il dibattito nella nostra cittadina si sta ravvivando, ma quasi sempre nel contesto virtuale della rete, ed in modo spesso autoreferenziale. Ma se vogliamo davvero far crescere le coscienze ( se lo vogliamo! ), c'è bisogno di offrire la possibilità ai cittadini elettori, di destra, sinistra e centro, di partecipare attraverso opportune SEDI DI PARTITO, in cui potersi confrontare de visu con gli altri, farsi conoscere, far emergere le proprie qualità e la propria passione politica in senso buono.
Solo così questo paese può recuperare un minimo di energie per dimostrare a sé stesso e agli altri che il futuro non lo si trova necessariamente al nord o chissà dove. Ma per questo c'è bisogno di impegno mirato e volontà precise.
Guardia può e deve tornare a vivere, dignitosamente.
Guardia S., 21/10/08.
Un cittadino. Lorenzo Sanzari