mercoledì 24 febbraio 2010

RICERCA SUI RITI SETTENNALI

di Rosangela Ricciardi

CMP

L’INDAGINE

Per compiere la mia indagine ho approntato un questionario composto da 15 domande a risposta chiusa, che prevede però, per alcune domande, la possibilità di esprimere ulteriori dettagli qualora l’intervistato lo avesse ritenuto opportuno.

Il questionario è stato somministrato ad un campione di 50 persone, di ambo i sessi, di diverse fasce d’età e di differente livello culturale e sociale.

Il campione è stato “scelto” in modo casuale; il questionario è stato infatti pubblicizzato in rete sui più noti portali della zona (Vivitelese, Freemondoweb, Ellenews, Looslo, Infosannio, Socialsannio, Il Blog dei Riti) e sul più corposo social network (Facebook[1]) , è stato quindi compilato per gran parte on line, ma, per raggiungere meglio anche fasce d’età che difficilmente sarebbero state rappresentate con un’indagine svolta unicamente tramite internet, alcuni sono stati somministrati anche dal vivo, soprattutto a persone anziane.

Le risposte sono poi state inserite ed ordinate in un data-set ed elaborate con il software statistico SPSS che ha permesso anche la creazione di alcuni grafici.

In conclusione, emerge che la maggior parte del campione è formata da uomini di età compresa tra i 26 e i 50 anni, con un livello culturale medio-alto e che lavorano per lo più come dipendenti o liberi professionisti. Al di là del sesso e delle differenze anagrafiche, gli intervistati, rispetto alla religione cattolica, si dichiarano per lo più credenti, sebbene a differenti livelli di vicinanza alle istituzioni religiose.

Nonostante l’alta fetta di credenti, la pratica di turismo religioso, o comunque la partecipazione ad altre manifestazioni religiose al di fuori dei riti settennali, resta molto bassa e comunque circoscritta al territorio regionale. Differente è invece il comportamento di consumo rispetto a prodotti turistici tradizionali; anche coloro i quali si dichiarano molto credenti e praticanti e che hanno partecipato ai riti settennali, nonostante non pratichino forme di turismo religioso e/o pellegrinaggio, dichiarano di viaggiare spesso, soprattutto per piacere.

E’ interessante notare come più dell’80% del campione dichiari di aver partecipato ai riti settennali (per lo più in qualità di figuranti-penitenti); ciò vuol dire che la partecipazione ai riti risulta indipendente rispetto alla religiosità personale.

Ultimo aspetto su cui mi piacerebbe porre l’accento è il giudizio che gli intervistati danno dei visitatori che accorrono a Guardia Sanframondi. Se infatti l’83% esprime giudizio positivo, comunque alla domanda “cosa cambierebbe nell’organizzazione dei riti?” ben il 37% degli intervistati sceglie l’opzione “altro” in cui comunque esprime una certa “chiusura” agli arrivi, visti in molti casi irrispettosi e molesti, se male organizzati. Ciò, quindi, al di là, della religiosità, dell’età, del livello culturale e del giudizio sull’arrivo dei visitatori.

CONSIDERAZIONI SUI RISULTATI

La religione e il turismo, seppur “pratiche sociali” diametralmente opposte esistono da sempre, in tutte le culture di cui abbiamo testimonianze storiche. Le motivazioni, gli individui coinvolti, le modalità di pratica non sono però rimaste immutate nel tempo, ma si sono trasformate e plasmate a seconda delle “regole” vigenti nelle differenti società.

Esistono quindi fattori sociali capaci di influenzare sensibilmente le pratiche di massa e le abitudini di consumo degli individui. E se viene da sé che il mondo della villeggiatura prima e del turismo poi siano state per ovvi motivi modificate dall’evolversi delle società e dai cambiamenti tecnologici, è interessante però vedere come tali fattori possano determinare anche i comportamenti religiosi, all’apparenza intimi e scevri di componenti influenzabili dall’esterno.

Innegabile però è che per motivi religiosi si viaggi. Studiare tutte le destinazioni del mondo verso le quali milioni di visitatori si recano per motivi “spirituali” sarebbe davvero complesso, ma credo sia evidente agli occhi dei più che intorno al mondo della religione si sia creato un mercato vero e proprio, fatto non solo di biglietti di ingresso per i luoghi di culto, ma anche di statuette, souvenir e pacchetti turistici.

Se pensiamo alle più importanti mete del turismo religioso, giungono nell’immaginario collettivo luoghi quali Lourdes, Fatima, Medjugorje, Santiago de Compostela, Roma e San Giovanni Rotondo. Luoghi sacri, luoghi di culto, luoghi di arrivi di massa, luoghi frequentati da anziani e giovani, luoghi ormai organizzati e a misura di pellegrino-turista.

Esistono però mete altrettanto “venerabili” che non registrano le medesime visite, e proprio una di queste “anonime” mete ho voluto studiare.

Perché a Guardia Sanframondi, luogo in cui la pratica religiosa e il culto della Vergine Assunta sono così forti, luogo in cui ogni sette anni ha luogo una manifestazione così particolare e “forte”, perché in questo luogo così mistico non accorrono tanti visitatori?

La prima risposta viene da sé, il bacino geografico, ovvero l’hinterland beneventano, e il Comune stesso, non sono così noti. Risposta errata; Pietrelcina non dista molto eppure è stracolma di visitatori.

Di certo Padre Pio, Santo per cui Pietrelcina è nota, ha un “appeal” molto forte, vive una popolarità incredibile che Guardia Sanframondi non possiede, ma il motivo non è nemmeno questo. La vera motivazione è legata invece alla commistione tra scarsa propensione al marketing turistico delle organizzazioni che si occupano dei Riti Settennali e tra scarso volere degli abitanti del luogo.

Questo è dimostrato dall’indagine di campo che ho svolto. Sebbene il campione non sia stato amplissimo per motivi logistici e di tempo legati ad una tesi di laurea (ma che può essere approfondito in seguito), si nota come in tutte le fasce d’età e in tutte le fasce d’istruzione e professione, l’apertura all’arrivo, sebbene giudicata positivamente, sia ricca di “ma e però”.

I Guardiesi, difendendo la riservatezza dei Riti, impediscono al proprio Comune di divenire noto, frenano lo sviluppo turistico della zona, non favoriscono il miglioramento di strutture che altrimenti rimarranno lasciate all’incuria (perché, a mio avviso, se il turismo troppo spesso devasta, altrettante volte, riqualifica), ma lo fanno forse in nome di una religiosità, condivisibile e non, propria di chi ancora “crede”.

E non si può parlare di arretratezza culturale perché dall’indagine emerge che comunque anche a livelli alti di scolarizzazione le convinzioni restano le medesime.

Allora, perché?  Giudizi ed ipotetiche risposte io non sono in grado di darle; di certo so che questa “chiusura” conferisce fascino a questo bellissimo paesino della provincia Beneventana e ci insegna che forse il turismo, religioso e non, deve fare i conti soprattutto con una capacità di carico sociale che non tutti i luoghi sono in grado di sopportare e che, d’accordo o no, va rispettata.


[1] Il link al questionario è stato inserito nelle due pagine pubbliche dedicate a Guardia Sanframondi, ma anche sulla pagina dedicata ai Riti settennali presenti nel social network

martedì 16 febbraio 2010

ASSI E SCARTINE


Da giorni qualche membro del coordinamento locale del PD va pubblicizzando che il partito(?) ha un asso nella manica pronto per essere calato in questa tornata elettorale comunale.
Diamo a questa affermazione la veste di verità, escludendo deliberatamente ogni intenzione di  pura millanteria, e proviamo a fare alcune considerazioni.
Se l’asso sta nella manica significa che in mano si hanno semplici  “scartine”, carte con le quali si può giocare certo, ma non vincere.
Se l’asso  sta nella manica significa che non sta nel mazzo , ma , allora, le regole del gioco sono bellamente e tranquillamente ignorate.
Se l’asso  nella manica sta ad indicare un “colpo a sorpresa” in grado di sbalordire e sovvertire il destino della partita, allora dobbiamo ammettere che i nostri amici del PD hanno raggiunto la consapevolezza che solo un santo dotato di virtù  taumaturgiche potrà portarli alla vittoria; con la speranza che non si chiami Pirro, perché vincere equivarrebbe a sbarazzarsi degli avversari, ma anche di se stessi.
Se poi l’asso nella manica significa quell’ambiente consortile che ha favorito tutte le precedenti affermazioni elettorali, allora auguriamo a loro un “in bocca al lupo” con la speranza che abbiano fatto bene i conti .
C’è un’ultima ipotesi, quella della millanteria che noi abbiamo volutamente esclusa, che ci porta a ritenere proprio perché lo si proclama a gran voce,  che non ci siano assi, ma  che si vada alla spasmodica ricerca di qualcuno che cavi le castagne dal fuoco.

domenica 14 febbraio 2010

La logica della politica rispetto alla logica del potere

di Angelo Mancini

comunali
Le battaglie più cruente, più terribili, sono quelle che si combattono all’interno del proprio  sé.  A  volte far trionfare la giustizia significa rimetterci; tutti vivono questo dilemma che  è poi l’essenza  dell’essere una individualità inserita in una collettività. Ecco il motivo per cui assistiamo a comunità prive di cittadini dove l’unica cosa che unisce i suoi membri è la mancanza di interessi comuni. La fine dell’ideologia ha coinciso con l’affermazione dell’ideologia più potente che si possa immaginare, quella che si identifica con la realtà e con una visione delle relazioni interpersonali basate sull’utilitarismo. La politica è diventata perciò superflua rispetto a gruppi e a cordate economiche volte a massimizzare l’interesse di parte  rispetto a quello della collettività.
Il più delle volte si è portato ad attribuire alla politica tutte  le disfunzioni, le carenze, i ritardi che affliggono una  comunità, confondendo in questo modo la causa con l’effetto.  La politica, il potere,  è un prodotto della società. Il credere che non sia così è solo un espediente consolatorio, un autoinganno, un piacevole e narcisistico autocompiacimento della propria superiorità . Nel buio anche un lumicino si sente  una stella!
Ciò che serve, allora, non è tanto cambiare la politica o le forme di potere, ma cambiare il rapporto che lega l’individuo con il suo essere persona sociale, l’individuo con il suo essere “cittadino”. In ogni epoca e in ogni latitudine c’è stato un potere espresso con modalità diverse; la grande invenzione del mondo occidentale, greco-romano, è stata la figura del “cittadino”, di un individuo che si riconosce di appartenere a una comunità politica, al suo sistema di diritti e di doveri a prescindere da appartenenze familiari sociali e economiche e di riconoscere gli altri come con-cittadini. Oggi questa forma di identità è scomparsa. Ci sentiamo cosmopoliti, europei, italiani, rimarcando un’appartenenza a organismi globali e non più a una comunità politica e sociale. Prima il cittadino poteva esistere solo all’interno della sua comunità di appartenenza che rappresentava nel medesimo tempo  la sua identità, la sua autorealizzazione, la protezione e il fine. Oggi l’individuo è portato alla condivisione momentanea di esperienze, situazioni col preciso intento di essere solo “partecipante”.  Se, dunque, il cittadino esiste solo se c’è una comunità, compito prioritario di ogni persona è quello di autorealizzarsi come cittadino costruendo una comunità come luogo virtuoso, omogeneo, non discriminante dove può definitivamente realizzarsi. Sentirsi cittadino di una comunità, percepire gli altri come concittadini è il primo momento di cambiamento da far insorgere in ognuno di noi nella nostra piccola comunità. Bisogna arrivare alla consapevolezza profonda che non è una sommatoria di “Io”  che produce un “Noi” , ma il loro essere in relazione, il loro integrarsi. Se non c’è cittadino senza comunità, non c’è neanche benessere individuale senza il benessere della comunità. Ricercare il benessere della comunità diventa la condizione necessaria e fondamentale per il benessere di ciascun membro. A questo scopo concorre la politica. Nel sociale ci sono varie aree di politicità: generazionale, ideologica, sociale, economica, intellettiva, parentale, ognuna con le proprie incapacità a oltrepassare i propri confini. Ma la comunità è una e allora la domanda che si pone è: quali sono i comportamenti intellettuali e pratici che una persona deve avere per fare politica? La risposta è semplice: la politica va concepita come un’invenzione nel senso di un “saper fare” per realizzare condizioni concrete di promozione del benessere sociale in una pluralità di relazioni e di saperi dominati dall’esperienza . Questo significa far prevalere la logica della politica rispetto alla logica del potere, la logica della comunità armonica rispetto alla logica della contrapposizione violenta e distruttrice, la logica di guardare al presente rispetto alla logica di chi vuole privarcene invitandoci a guardare ad un futuro vago e lontano , indistinto e per questo vuoto, la logica di chi ci nutre di menzogne perché la realtà è difficile da mandar giù, la logica di chi  non vede la trave nel proprio occhio perché con essa ci si è costruito il proprio trono.              

venerdì 12 febbraio 2010

QUALCOSA SULL’ACCORDO DI RECIPROCITA’

di Raffaele Garofano
Devo, in via preliminare, fare pubblica ammenda per aver dato il mio voto favorevole, in consiglio comunale, sull’accordo di reciprocità, così come definito e presentato. Il voto favorevole è stato conseguenza dei malintesi sensi della mia appartenenza al gruppo di maggioranza e della lealtà amministrativa nei confronti del Sindaco, che aveva solitariamente profuso il suo impegno per la preparazione dell’accordo.
Il voto sarebbe dovuto essere contrario per carenza di documentazione e fumosità dell’obiettivo.
Questa è, infatti, una operazione fatta con il solo scopo di mettere le mani su risorse che in nessun modo porteranno beneficio alle nostre comunità, ma solo a gruppi di interesse che ruotano intorno a faccendieri più o meno noti.
Più che un indizio di ciò si trova nelle stesse dichiarazioni rese dal Sindaco in consiglio comunale , come da deliberazione, che in un momento di scarsa presenza a se stesso disse:”sono stati immaginati anche altri progetti portanti ma nessuno era fattibile, nei tempi e nelle condizioni date”. Traduzione: presentare qualsiasi cosa con la speranza di mettere le mani sul malloppo.
Ed è stato presentato come progetto portante (definito nel Disciplinare per la realizzazione e definizione degli Accordi di reciprocità come “operazione o insieme di operazioni tecnicamente connesse *a forte rilevanza strategica*) il completamento della bretella. Il punto non è se viene o non viene completata la bretella, piuttosto quale ne sia la forte rilevanza strategica. L’esempio che abbiamo sotto gli occhi da quaranta anni è la superstrada Benevento – Caianello: quale è stato il beneficio strategico per i comuni i cui territori sono da essa attraversati? Per Solopaca, Ponte, Telese, e via via fino a Roccamonfina, escludendo, naturalmente, i distributori di carburante? Il completamento della bretella può essere in sé positivo, ma solo perché risolve un iter tormentato che ha lasciato un mare di contenziosi al comune Ente Attuatore, che si vede con questa operazione cavare le castagne dal fuoco. A scapito di tutto il territorio che perde una ulteriore occasione perché non è in grado, per intrinseca debolezza e per miopia politica più che quarantennale, di cimentarsi, neppure culturalmente, con un simile strumento il cui obiettivo è “promuovere la competitività e l’attrattività valorizzando i vantaggi territoriali, assecondando le potenzialità di sviluppo e innalzando il livello di qualità della vita”. E’ raggiunto questo obiettivo se raggiungiamo Pontelandolfo risparmiando quindici minuti di percorrenza? E per andare dove, poi?
E che dire degli interventi nei comuni aderenti all’accordo? Guardia ha presentato i lavori di riqualificazione di Via Guglitiello di sotto (progetto già approvato dalla precedente amministrazione, finanziato con la legge 51 e non realizzato solo perché c’è l’obbligo di rispetto del patto di stabilità interno imposto dalla finanziaria) ed un centro per la valorizzazione della falanghina. Intuizioni davvero geniali!
La verità è che si è iniziato con l’ipotesi di convogliare acqua dalla diga di Campolattaro per irrigare improbabili serre e si è continuato con il Convento di San Francesco, passando per casa Palladino. Non una idea in testa: presentare qualsiasi cosa pur di mettere le mani sul malloppo.
Qualche suggerimento era pur stato dato: perché non rendere autosufficiente il territorio dal punto di vista energetico? Perché non fornire energia a tutto il territorio a costo zero? Perché non affrontare i problemi dei rifiuti o dell’acqua, vere sfide strategiche per questo secolo? Ma perché non è “fattibile, nei tempi e nelle condizioni date”! Ma la sedicente “intuizione geniale” non è del 2007? Com’è che si sono persi due anni senza far niente da parte di un Sindaco che per regolamento si era riservata la gestione personale , ripeto, personale, dell’attuazione dell’accordo? Presentare qualsiasi cosa con la speranza di mettere le mani sul malloppo.
L’esatto contrario di quello che ha più volte ribadito l’assessore regionale al bilancio prof. Mariano D’Antonio. Questo strumento fa piazza pulita della distribuzione a pioggia di risorse, che per quanto ingenti non hanno portato alcun beneficio, e richiede progettazioni a forte rilevanza strategica per ogni territorio omogeneo. Noi non siamo pronti e non ci siamo preparati (la conduzione è stata quasi clandestina) per questo e abbiamo adottato la solita tecnica del tanto, poi, qualcosa succederà. E abbiamo collazionato le uniche carte che già avevamo presso il comune di Cerreto: i disegni della bretella. Presentare qualsiasi cosa pur di mettere le mani sul malloppo, appunto.
Questo è un progetto che con tali premesse non può essere approvato. Se,invece, lo sarà avremo una ulteriore dimostrazione del progressivo, inesorabile infognarsi della politica.
In ogni caso, per avere una idea di come le cose sono state fatte altrove, provate a consultare il sito www.comune.eboli.sa.it/index.php?id_area=59&id_page=823<http://www.comune.eboli.sa.it/index.php?id_area=59&id_page=823>.

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mercoledì 10 febbraio 2010

Il vero patto di reciprocità

di Giuseppe Falato

sospeso

Da un po’ di tempo, leggendo manifesti e volantini, mi sono quasi convinto di un fatto: la Variante di Valico è poco più dë në rasëlónë[1] rispetto alla cosiddetta Bretella Superstradale.

Ma è proprio così?

Proviamo ad immaginare, per esempio e per assurdo, che il patto di reciprocità non sia, come dice il suo deus ex machina,  il frutto di una intuizione geniale o, di un botta di fortuna, ma un’operazione cchiù térra térra.

Non entro negli aspetti tecnici perché non sono un esperto, ma la mia intuizione, non geniale come quella in premessa, è che, con linguaggio sibillino e martellante[2], si sta cercando di far passare per un’opera strategica un grosso “pacco”, confezionato in quella zona grigia tra politica e affari, sul quale doveva apporre il suo sigillo il sindaco del comune capofila che, ancora per esempio, per assurdo e per caso, era anche  presidente, direttore o, ciò che è lo stesso, impiegato (come egli stesso amava umilmente definirsi) di un ente inutile e in difficoltà.

Se così fosse stato, sempre per esempio e per assurdo, per una tale operazione non ci sarebbe stata definizione migliore di patto di reciprocità, declinato secondo le note regole sinallagmatiche del do ut des, do ut facias, do ut non facias, facio ut facias, facio ut non facias.

In definitiva, se scippo c’è stato, non è stato consumato in casa mia!

Pertanto, invito, ancora una volta, chi si cimenterà nelle prossime elezioni amministrative:

  1. Ad abbandonare la politica afasica dei cosiddetti tecnici/esperti che parla per acronimi incomprensibili;
  2. A lasciare a casa la stravagante politica cabalistica che costruisce ponti e superstrade tra diritto biblico e comunismo togliattiano;
  3. A disperdere definitivamente nel vento le ceneri della solita Fenice che, dopo anni di complice silenzio, vuole rinascere (costi quel che costi) solo in occasione delle elezioni;
  4. A dare un calcio risolutivo ai protagonismi e ai dualismi che per anni ci hanno afflitto, facendo la fortuna politica-economica di pochi e la sfortuna culturale e civica dei più, per dare vita ad un progetto guidato non da ajjënàmëla[3], ma da persone per le persone che tenti di ricostruire il tessuto sociale di questa comunità: questo è il vero patto di reciprocità.

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[1] Viottolo di campagna  in terra battuta, stradone, callaia. Enrico Garofano, Parole nel tempo, 2008.

[2] “Nel linguaggio la ripetizione ha un potere enorme, quello di riuscire a cambiare il modo stesso di pensare”. George Lakoff , docente di linguistica a Berkeley.

[3] Combriccola di monelli e ragazzacci. Enrico Garofano, op. cit., 2008.

martedì 9 febbraio 2010

Tra Cantine e Borghi d’Arte

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Il progetto “Tra Cantine e Borghi d’Arte” nasce da un protocollo d’intesa tra la Provincia, l’EPT di Benevento, e i Comuni di Castelvenere, Guardia Sanframondi, Sant’Agata dei Goti, Solopaca e Torrecuso, presentato a Rimini nell’ambito della Borsa del Turismo Travel Trade Italia 2009 e finalizzato a promuovere e valorizzare il territorio sannita, puntando sulla sua tradizione vitivinicola.

Si tratta di un percorso ideale che permette di ripercorrere una storia non recentissima ma che evoca gusti, tradizioni e sapori di un tempo, un programma incentrato su degustazioni di vini e piatti tipici locali, su eventi culturali e musicali, sulla riscoperta del patrimonio culturale attraverso spettacoli teatrali e musicali che mettano in scena l’identità del territorio, valorizzandone la storia, i costumi e le usanze. Non è un caso, quindi, la scelta di questi cinque borghi la cui economia si incentra sulla produzione del vino portando avanti una tradizione secolare intorno alla quale intere comunità sociali hanno costruito la propria storia e la propria identità culturale. Si tratta, dunque, di borghi caratteristici, stretti tra viuzze incantate dove passeggiare significa andare indietro nel tempo recuperando quei ritmi lenti scanditi dal lavoro agricolo di una volta.

Scarica e guarda il progetto

venerdì 5 febbraio 2010

Opportunità lavorative

Comune di Napoli: 534 assunzioni
170 agenti di polizia Municipale, 165 assistenti sociali, 60 ragionieri, ma anche ingegneri, architetti, informatici, amministrativi. Per tutti il termine è il 15 marzo
Una valanga di nuovi posti al Comune di Napoli: sono ben 534 quelli per i quali è stato indetto un concorso-corso valido per l’assunzione in ruolo di unità con diversi profili professionali delle categorie C e D così distinti:
• 20 Istruttori Amministrativi
• 3 Istruttori Direttivi Amministrativi
• 60 Ragionieri
• 25 Istruttori Direttivi Economico Finanziari
• 23 Funzionari Economico Finanziari
• 25 Funzionari Ingegneri
• 25 Funzionari Architetti
• 18 Funzionari Informatici
• 165 Assistenti Sociali
• 170 Agenti di Polizia Municipale
L'accesso al concorso è subordinato al possesso di diploma di scuola superiore o di laurea, a seconda del profilo per cui si concorre.
L'intera procedura concorsuale è di competenza della Commissione Interministeriale per l'attuazione del progetto Ripam e comprenderà una fase preselettiva, una selettiva, un periodo di formazione a cui seguirà una prova finale.
Partecipare
La domanda di partecipazione va presentata entro il 15 marzo 2010 esclusivamente compilando l'apposito modulo elettronico disponibile sul sito http://ripam.formez.it<http://ripam.formez.it/> previo versamento della tassa di concorso di € 15,00 sul C.C.P. n. 13178801, intestato al Comune di Napoli - Servizio Ragioneria - Tasse Amm. Conc. Posti di Ruolo con specificazione della Causale "Concorso-Corso". La data di trasmissione della domanda via Internet è comprovata da apposita ricevuta elettronica.
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Segui la rotta giusta, naviga con noi verso un futuro brillante
Costa Crociere, azienda leader nel settore crocieristico, offre a giovani motivati a sviluppare la propria professionalità la possibilità di entrare a far parte di un contesto dinamico e prestigioso, per info collegati al sito http://www.costacrociere.it/B2C/I/Corporate/human/Job+Opportunities/master/master.htm

Fonte: cisl giovani di Benevento
Carlo Falato

mercoledì 3 febbraio 2010

Poste Italiane seleziona in tutta Italia diplomati

Servizio recapito di Poste Italiane seleziona in tutta Italia diplomati di età inferiore ai 35 anni, con patente A o B. Contratti trimestrali
Si tratta di contratti a tempo che nascono da esigenze contingenti. Così si legge in due circolari che sono state emesse dagli uffici delle Risorse umane di Poste Italiane nei giorni 7 e 12 gennaio 2010.
Saranno selezionate 180 persone da destinare per 3 mesi presso le aree Servizi postali/recapito. Ovvero i portalettere. Con destinazioni in gran parte del territorio nazionale.
Ecco, nel dettaglio, quali sono le regioni interessate. Nell’area centro, che comprende Lazio e Abruzzo, il numero delle nuove reclute è 30. Si continua con 20 addetti al recapito per il nord - ovest (Liguria, Piemonte e Val d’Aosta) e 100 al sud, specie in Campania e Calabria. Trenta occasioni anche in Sicilia.
Quali sono le caratteristiche che servono per diventare portalettere? «Sono un’età sotto i 35 anni, la patente A o B e un diploma»
Saranno chiamati coloro che si candideranno al più presto. La modalità è semplice: basta collegarsi al sito internet aziendale www.poste.it e procedere con il seguente iter: Chi siamo - Lavora con noi - Inserisci il cv.
«Non oltre il 31 marzo, i prescelti potranno anche essere chiamati in servizio da subito».
Fonte: Cisl giovani Benevento
Carlo Falato