… e se finisse la terra e chiedessero lassù agli uomini: “Ebbene avete capito la vostra vita sulla terra e che conclusione ne avete tratto?”, l’uomo potrebbe porgere in silenzio il Don Chisciotte: “Ecco la mia conclusione sulla vita, potete voi giudicarmi per questo?”.F.M. Dostoevskij
Politica codificata, politica vivente o nuova politica? Spunti per un dibattito sul futuro politico del nostro paese nello stile del Cervantes
Introduzione Dove si narra della “pacata” polemica del 28/11/2009 intorno ad una eventuale strategia politica per questa comunità.
La politica non può essere paragonata ad un dispensa dalla quale si prendono gli ingredienti (senza verificare neppure la data di scadenza) e si prepara il pasto quotidiano.
Tale tesi (che va ascritta alla politica vivente in virtù del principio dell’id quod plaerumque accidit) ha due risvolti negativi:
1) avvalora il comportamento di chi continua a favorire classi dirigenti mediocri;
2) giustifica alleanze politiche di natura cartacea il cui unico scopo è vincere questa o quella competizione elettorale o, ciò che è lo stesso, non far vincere chi si ritiene essere la fonte di ogni male per la società.
La mia proposta, pertanto, prevede una strategia diversa (ma non nuova) che tenda innanzitutto a ripristinare le cosiddette categorie della politica ( che appartengono alla politica codificata) e solo successivamente a tradursi nella realizzazione di obiettivi a cui “tutti possono dare una mano”.
Per essere chiaro mi servirò di un famoso esempio del filosofo Adorno il quale affermò: “Dopo Auschwitz, Hitler ci costringe ad impegnarci con tutte le nostre forze per fare in modo che ciò che è avvenuto non possa ripetersi. Questo è diventato l’ imperativo categorico della nostra epoca”.
Orbene, fermo restando che l’attuale imperativo categorico che ci unisce è quello “che ciò che avvenuto non possa ripetersi”, quali devono essere gli altri principi irrinunciabili che facciano da minimo comune denominatore per la nascita di una nuova politica?
Il punto di partenza per spostare l’attenzione da una concezione meramente utilitaristica della politica e, quindi, innalzare il livello culturale dell’attuale dibattito, io ritengo che debba essere quello di proporre una visione “personocentrica” dell’azione politico-amministrativa che, medio tempore, possa suscitare nei nostri compaesani, anche in quei “sognatori sognati” (leggi: maggioranza dei giovani del coordinamento PD locale), la consapevolezza di poter affrontare con le proprie capacità i momenti di crisi individuale e collettiva.
Per ora mi fermo qui. Aspetto risposte e critiche. Ciao Giuseppe
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“Concepiamo la politica come la scienza di ciò che è possibile fare in determinate condizioni di tempo e di luogo, e non come la scienza di ciò che è desiderabile per ragioni puramente teoriche” (Gaetano Salvemini, George La Piana, La sorte dell’Italia, New York, 1943).
“Id quod plerumque accidit”.
Non è proprio, tuttavia, una dispensa da cui prelevare ingredienti alla rinfusa. Ammetto che ci sono stati negli ultimi tempi ben due casi in cui questo è ciò che ci è piovuto addosso. Il primo data 1999; il secondo è quello che stiamo vivendo; e derivano, stranamente, da comportamenti e concezioni ascrivibili allo stesso personaggio: il nostro sindaco. Una mente piuttosto ristretta che ha per misura delle cose esclusivamente il proprio tormentato ego e che produrrà danni incalcolabili ( a persone e a cose).
“Nulla nutre la terra più meschino dell’uomo tra tutto ciò che respira e cammina sopra di essa”. (Omero, “Odissea” – versione di Franco Rossi).
Ma questa è un’altra storia.
Sarebbe interessante, invece, comprendere la ragione di questo ultimo accadimento.
A parer mio è intervenuto in un momento di estrema debolezza della politica, di disarmo di alcuni partiti, di mancanza di lucidità nell’analisi e, forse, di un peccato di arroganza circa qualche personale indispensabilità. E, in mancanza, si è ritenuto possibile codificare alcune categorie, della politica, appunto, attraverso il movimento. Anche questo è un “id quod plerumque accidit” che periodicamente ci investe (ricordi “Insieme”?) e sempre con risultati disastrosi. Si fa salva, naturalmente, la buona fede dei più che proprio per questa non colgono con immediatezza le intenzioni di chi in buona fede non è. E si verifica il caso nostro.
Sono assolutamente d’accordo sul fatto che la politica vada codificata: principi, scelta sociale, coinvolgimento, scelta della democrazia, pratica del governo. Ritengo, tuttavia, che questo non basti, come dimostrano i fatti. Anche perché è fatale che su tali temi nessuno si dichiari contrario, al di là delle intenzioni o dei malintenzionati.
Ho sempre a mente la prima lezione leniniana: la politica si può praticare solo in forma organizzata. E qui è il punto: la classe dirigente si seleziona solo attraverso la organizzazione, altrimenti è soggetta ad umori,giochi perversi, forza dei numeri, autoreferenzialità. Ed il tempo è l’unico elemento che favorisce la selezione. Nello scorso secolo le forme organizzate sono stati la dittatura e, successivamente, i partiti. La questione dunque è: in quale forma è possibile riorganizzare, oggi, la politica? Il dibattito è aperto. La visione “personocentrica” è una opzione se è intesa come una sorta di nuovo umanesimo che metta al centro l’uomo e una azione politica verso la persona e con la persona; è più problematica se è intesa come somma di singoli, proprio perché contraddittoria rispetto al principio della organizzazione.
“A meno che i filosofi non regnino nelle città, o quelli che oggi han nome di re non prendano a nobilmente filosofare, e non vengano a coincidere la forza politica e la filosofia, non avran tregua alcuna dai mali le città, anzi credo neppure il genere umano”. (Platone, “La Repubblica”).
Sono passati venticinque secoli e suppongo che la scelta ai nostri giorni sia un pò più ampia, almeno non riservata a filosofi e re (e meno che mai a unti del Signore). La scelta può riguardare anche coloro che hanno capito. Sul valore e la verità di questa comprensione, ancora una volta, sarà il tempo a dare il giudizio ultimo.
Il dibattito continua. E se si allargasse? Raffaele
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Dream # 1 Dove si narra di organizzazione politica e del rapporto tra il sovrano e la società civile. Inizio dalla fine del tuo intervento: allarghiamo la discussione, sempre che ci siano persone interessate! Ciò premesso, veniamo al punto.
1. Sui movimenti di cittadini ( in particolare su liberi di cambiare)
Condivido la tua analisi circa la debolezza della politica in generale e dei partiti in particolare di cogliere le istanze di novità provenienti dalla società civile.
Tale assunto, tuttavia, non può deresponsabilizzare chi, pur essendo titolare di un potere amministrativo (sia pure relativo), non è stato in grado di comunicare correttamente ciò che metteva in campo.
Per usare il linguaggio della scienza della comunicazione si può dire che l’emittente (l’amministratore) ha inviato un messaggio attraverso un codice sconosciuto al ricevente (il cittadino).
La precedente amministrazione, all’esterno, appariva estremamente debole perché vittima di: 1) uno scontro interno alla maggioranza (secondo la sterile dialettica, da me già sottolineata in altre occasioni, amicus/inimicus) finalizzato alla conquista di chissà quali posti di comando, 2) uno scontro esterno (secondo la altrettanto sterile dialettica amicus/hostis) destinato ad alimentare soltanto la cronaca giudiziaria locale.
Ebbene, se vogliamo comprendere realmente le ragioni di quello o di “questo accadimento” e, quindi, le ragioni dei cosiddetti movimenti, dobbiamo fare uso: a) della lealtà semantica, evitando quegli eufemismi linguistico-espedienziali (rectius: pézzë a culórë) che servono solo a giustificare scelte politiche sbagliate; b) della lealtà metodologica nel senso di non invertire il prius col posterior, al solo scopo di dare una conveniente lettura della realtà.
Il punto di partenza per comprendere l’attuale situazione, a mio avviso, è stata l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco che, da una parte, ha personalizzato la politica e, dall’altra, ha dissolto i partiti a livello locale, talché nel periodo 1995-2009 motus in fine velocior: (ri)nascita di una insignificante e contraddittoria classe politica che lascia sgomento anche l’assuefatto alle fluttuanti logiche del potere.
D’altra parte, non si può negare che gli stessi militanti di partito non hanno saputo o voluto rifiutare scelte pseudo-ideologiche incarnate da personaggi arcinoti negli ambienti politico-amministrativi locali per la loro avidità personale: parafrasando Puškin, si può dire, che i partiti (soprattutto a livello locale), pensando di sacrificare il superfluo per ottenere il necessario, hanno sacrificato il necessario per ottenere il superfluo.
Non c’è altro da dire: Res ipsa loquitur
2. Sul nostro sovrano: semel sindaco semper sindaco
In alcune parti del tuo scritto, hai accennato alle forme di organizzazione e hai attribuito al nostro attuale sovrano la colpa di alcuni passaggi negativi nella storia politica guardiese.
Sul punto ho qualche perplessità: il cesarismo non è una malattia solo del Nostro, ma anche di qualche altro napoleonide locale (come il tuo sindaco), che, in una sorta di delirio onirico, ha sciolto le briglie a qualche suo assessore, ma, subito dopo, obbligato a mettere di nuovo i piedi a terra, è tornato dalla mamma!
Non c’è differenza tra il bigotto, titolare di una sovranità dall’alto (nulla potestas nisi a Deo, diceva San Paolo), e il trasgressivo, titolare di una sovranità dal basso (Deus mortalis, diceva Hobbes), la costante è una sola: la supremazia della res familiaris sulla res publica.
Ecco, dunque, cosa intendo per opzione “personocentrica”: una società modellata sui principi di giustizia che secondo la definizione di John Rawls sono quei principi che persone razionali sceglierebbero in una posizione iniziale di eguaglianza. In tale situazione, nessuno conosce in anticipo la propria sorte all’interno della società, cosicché gli individui sono costretti ad accordarsi su uno schema equo di distribuzione dei costi e dei benefici della cooperazione sociale.
Forse hai ragione, questa è solo filosofia, ma io ci credo! Ciao Giuseppe
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